domenica 6 gennaio 2008

Il V Canto della Divina Commedia























Il V Canto della Divina Commedia è il canto più conosciuto e celebrato di tutta l’opera; infatti in esso si parla d’amore e in particolare dell’amore tragico di Paolo e Francesca. I due protagonisti del canto non sono personaggi inventati, ma sono realmente esistiti. Francesca infatti abitava nel castello di Gradara (vicino Rimini) il cui proprietario, Gianciotto Malatesta, era di lei marito. Un giorno Francesca si ritrova assieme a Paolo, fratello di Gianciotto e quindi cognato di Francesca, nella biblioteca del castello a leggere insieme la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra. Tra i due la passione si accende, e la storia che stanno leggendo dà slancio al loro sentimento amoroso, tanto che arrivati al punto del bacio tra Lancillotto e Ginevra, si baciano a loro volta, come rapiti dalla lettura e dal loro amore. Proprio in questo momento così intenso, entra nella stanza il marito di Francesca e fratello di Paolo, Gianciotto. Quest’ultimo accecato dall’ira sfodera la spada e uccide i due amanti.
Questo fatto di cronaca giunse a suo tempo fino a Dante, che ne rimase profondamente colpito, tanto da inserire i due amanti come protagonisti del più bel canto della Divina Commedia.
Ma perché questo canto affascina tanto e tuttora è quello più amato? La risposta a questa domanda si trova nella vicenda. Quest’ultima s’impernia (= s’incentra) infatti sul sentimento più importante della vita di ognuno di noi: l’amore. L’amore è infatti quel sentimento che ci fa sentire la persona amata indispensabile alla nostra vita. Quando si è innamorati infatti, tutta la nostra vita ruota attorno alla persona amata; le abitudini di questa persona, i suoi gesti, il suo modo di essere e i suoi stessi difetti, diventano per noi oggetto di adorazione, quasi la persona amata sia la perfezione in terra. In poche parole la persona amata è indispensabile alla nostra realizzazione, cioè ci fa raggiungere quel senso di pienezza interiore che sentiamo quando siamo felici.
Diversamente invece quando l’amore non è ricambiato e la persona amata ignora i nostri sentimenti, si provano i dolori più forti, tanto che non è raro sentire di tragedie legate proprio ad un rifiuto o ad una delusione d’amore, come suicidi e omicidi. L’amore è infatti un sentimento che da una parte può regalarci le più grandi gioie, ma dall’altro può portarci alla più totale disperazione. Essere rifiutati o lasciati dalla persona che si ama è infatti come essere privati di tutto ciò che nella nostra vita ha avuto importanza. E’ frequente sentir dire da persone deluse dalla persona amata che la loro vita non ha più senso e che tutte le cose gli appaiono grigie e prive di attrattive.
E nel V Canto di Dante ci sono tutti questi elementi. Da un lato la passione, l’amore che lega due persone indissolubilmente (= inseparabilmente) fino alla morte e addirittura dopo la morte; dall’altro la tragedia, la morte che incombe sui due amanti e spezza le loro vite. L’amore però non conosce fine e i due amanti sono abbracciati mentre la bufera infernale li travolge. Come sono stati uniti nella vita, così sono uniti nell’oltretomba.
Dante partecipa in maniera commossa alla sorte dei due amanti tanto che alla fine del discorso di Francesca cadrà a terra, svenuto per la troppa emozione. Dante che nella giovinezza aveva aderito al movimento poetico del Dolce Stil Novo (movimento che esaltava l’amore e la donna amata), sembra quasi non voglia accettare il tragico destino toccato ai due protagonisti del Canto. E’ come se si chiedesse: “Come può un sentimento tanto nobile come l’amore, come può la passione che lega due persone che si vogliono bene, portare alla dannazione eterna dell’Inferno?.” Dante sembra quasi non voler accettare le leggi e la volontà divina. I due amanti si sono resi infatti colpevoli del peccato di adulterio, hanno infatti tradito il vincolo matrimoniale che univa Francesca e Gianciotto Malatesta. E’ come se Dante fosse interiormente combattuto. Da un lato si vede costretto a inserire i due amanti nel secondo cerchio dell’inferno, perché lui, uomo credente del Medioevo, non può non tener conto delle severe leggi divine; dall’altro prova pietà e una sentita partecipazione per la vicenda dei due innamorati. E’ così preso dalla vicenda che scrive in questo canto i versi più belli che mai sono stati scritti sulla amore: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” , ossia “l’amore che non permette (perdona) a nessuno che è amato di non ricambiare a sua volta”. Il senso di questa frase è: l’amore è un sentimento così forte che chi ne è destinatario non può non ricambiare.
Alessandro Altieri
p.s. il video che vi ho inserito è una versione cinematografica dell' Inferno di Dante girata nel 1911. Guardatelo con attenzione, vi sarà utile per farvi un' idea dell'Inferno dantesco ;).



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